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Decreto Dignità: collaboratori di farmacia con contratti a termine, che destino hanno?

E tutti i collaboratori di farmacia che hanno un contratto a termine in scadenza che destino hanno? È la domanda più frequente che ricevono oggi i consulenti del lavoro, e che quasi tutti i farmacisti si fanno. La diffusione nella categoria dei contratti a termine per i dipendenti, soprattutto di primo ingresso è altissima, sfiora il 60 % dei contratti di lavoro siglati in farmacia e il decreto dignità tocca l’ organizzazione di una farmacia su due. E ora cosa sarà del collaboratore che da quasi un anno è in azienda ed è vicino alla scadenza del primo contratto? Magari bravo, ma ancora da valutare se l’ organizzazione della farmacia potrà effettivamente sopportare i costi di un ulteriore dipendente, e per il quale si pensava ad una proroga ancora di un anno…O cosa sarà della ragazza in gamba che è in farmacia da due anni e per la quale si pensava ancora ad una proroga? Il Decreto Dignità n. 87 del 12 luglio 2018,  in vigore lo scorso 14 luglio,incide su tutte queste posizioni rendendo le scelte gestionali più difficili. Già perché se fino a ieri, con la riforma del job act ( D.lgs 81/2015) era possibile rinnovare il contratto a termine di un ulteriore anno senza avere un motivo specifico, o rinnovare fino a tre anni i contratti, ora non sarà più possibile. Il Decreto dignità prevede infatti all’ Art.1 che la durata massima dei rinnovi scenda da 36 a 24 mesi e che il numero massimo dei rinnovi venga ridotto da 5 a 4. Tale vincolo, cambiando le regole in corso di contratto , pone un problema immediato di scelta per tutti i rapporti di lavoro  in scadenza:  e la scelta sarà fra la cessazione del rapporto alla scadenza del contratto o la trasformazione del rapporto in contratto a tempo indeterminato e l’ inserimento in organico definitivo. Pari sorte è quella dei collaboratori per i quali si pensava dopo il primo anno ad un rinnovo, la scelta non potrà più essere ancorata a ragioni patrimoniali o scelte personali, perchè il rinnovo non potrà più essere senza causa ( cosiddetto “a causale”), ma dovrà indicare una specifica ragione , temporanea e oggettiva e quindi estranea all’ordinaria  attività o dettata da esigenze specifiche di sostituzione ( con obbligo di indicare nome del lavoratore sostituito e motivo), una ragione di incrementi temporanei e non programmabili dell’attività o di picchi di attività. Il rinnovo inoltre costerà: al momento è previsto un costo contributivo dello 0,5 % in più rispetto all’anno 1,4%  già in essere. E per i lavoratori a cui non piace la situazione? Avranno 60 giorni in più per fare causa: il termine passa da 120  a 180 per impugnare il contratto e formulare rivendicazioni patrimoniali.
Le scelte tornano dunque più complesse e articolate, problema al vaglio del parlamento chiamato a confermare o modificare il decreto entro 60 giorni. Decisioni rimandate a settembre dunque , ma solo per chi può, le scadenze imminenti renderanno ancora più calda e difficile questa estate a molte farmacie.

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