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Con la Sentenza n.5486, depositata il 21/09/2018, il Consiglio di Stato si è pronunciato sulle corrette modalità di svolgimento dell’attività di distribuzione all’ingrosso dei medicinali da parte delle farmacie in possesso della relativa autorizzazione da grossista ex art. 100 s.s. del d.lgs 219/06.

Prima evoluzione interpretativa: la nota ministeriale n. 46884 del 02/10/2015

Già nel 2015, il Ministero della Salute con la nota prot. 46884 aveva evidenziato la necessità che le attività di farmacia e di grossista – ancorché in capo alla stessa persona – restassero separate tra loro, qualificando illecita la vendita dei medicinali acquistati come farmacia per l’attività di grossista.

In particolare, con la predetta nota, il Ministero della Salute riteneva illecita la seguente procedura:

  1. acquisto di specialità medicinali da parte della Farmacia/Grossista identificandosi al venditore quale Farmacia/Dettagliante (acquisto con codice farmacia);
  2. movimentazione interna dal proprio “magazzino farmacia” al proprio “magazzino grossista” e, da qui, immissione delle specialità medicinali sul mercato all’ingrosso (rivendita con codice univoco all’ingrosso).

Per il dicastero, dunque, “le due attività” di distribuzione all’ingrosso e vendita dei medicinali “devono essere assolutamente separate tra loro, anche se svolte dalla medesima persona”. “I medicinali acquistati dalla farmacia utilizzando il codice univoco della farmacia”“debbono essere conservati nei magazzini annessi alla farmacia” e possono essere soltanto “venduti al pubblico, in quanto destinati all’esercizio farmacia”. In altri termini, “l’unico movimento previsto dalla farmacia al grossista è la restituzione, che avviene a fronte di errori di fornitura o rientri dal cliente”.

 

Prime note critiche – interpretazione TAR Lazio

La suddetta impostazione, per quanto autorevole, non è stata condivisa dalla prima giurisprudenza amministrativa e da molti interpreti, compreso il sottoscritto, poiché ritenuta parzialmente in contrasto con il dato normativo (Titolo VII del D. Lgs. 219/2006 nonché del DM 15/07/2004).

E’, infatti, incontrovertibile che il legislatore del 2006, nel recepire la direttiva comunitaria, abbia scelto di innovare profondamente la disciplina dei Regi Decreti del 1934 e del 1938, nonché delle Leggi 883/78 e 503/1992, armonizzando in un unico provvedimento un insieme frammentato di norme.

Ai fini che riguardano, il legislatore ha certamente eliminato, o quanto meno ridotto in modo significativo, la dicotomia tra il ruolo di Grossista e quello di Farmacista, superando il divieto, sino ad allora assoluto, di commistione tra le due professioni:

  1. il Farmacista, da allora, può svolgere l’attività di Grossista, purché autorizzato a norma degli artt. 100 e ss. del D. Lgs. 219/2006;
  2. il Grossista, a norma dei medesimi articoli, può accedere alla vendita al dettaglio tramite la gestione delle Farmacie Comunali.

La precisa volontà del legislatore di procedere in tal senso trova ulteriore conferma nell’abrogazione del neonato comma 2 dell’art. 100 D. Lgs. 219/2006, ad opera dell’art 5, comma 7, DL 4 luglio 2006, n. 223 convertito, con modificazioni, dalla L. 4 agosto 2006, n. 248, ove, pur introducendo la possibilità per il Farmacista di essere autorizzato alla vendita di all’ingrosso, era previsto che le attività di distribuzione all’ingrosso di medicinali e quella di fornitura al pubblico di medicinali in Farmacia fossero fra loro incompatibili.

Detta abrogazione pareva essere la conferma della scelta legislativa di introdurre una nuova figura nella filiera distributiva, quella del c.d. Farmacista/Grossista, sino ad allora sconosciuta e dotata di caratteristiche e qualità autonome, la cui disciplina veniva introdotta ex novo dal medesimo D. Lgs. 219/2006.

Pareva, dunque, ragionevole ritenere che la Farmacia/Grossista fosse un soggetto giuridico unitario, individuato, non a caso, da un’unica partita IVA, senza poter esser scisso in due centri di imputazione distinti e, come tali, costretti a relazionarsi come soggetti terzi.

L’interpretazione sopra delineata era sostanzialmente fatta propria dal TAR-Lazio il quale, proprio in relazione alla citata impostazione ministeriale, con la Sentenza n. 1240 del 26/10/2016 riteneva che non si potesse rinvenire una norma che impedisse “passaggi interni” tra Farmacia/Dettagliante e Farmacia/Grossista, laddove questi siano tracciati con DDT e gestiti – a titolo gratuito – dal medesimo soggetto giuridico.

Il TAR nella predetta pronuncia affermava, altresì, che l’ammissibilità di tale comportamento non si ponesse in contrasto nemmeno con gli aspetti relativi alla tracciabilità dei medicinali, rilevando una carenza di accorgimenti operativi imputabile proprio all’amministrazione pubblica, la quale risultava inadempiente per non aver introdotto la (dovuta) procedura di tracciatura interna (Farmacia/Dettagliante vs. Farmacia/Grossista).

Il TAR Lazio, con sentenza n. 2703 del 22/02/2017, consolidava poi i suoi precedenti orientamenti, affermando nuovamente che non si rinveniva nel nostro ordinamento una norma tale da impedire al farmacista passaggi “interni” di medicinali (c.d. “logistici”) purché gratuiti, tracciati mediante DDT e posti in essere tra due siti logistici appartenenti al medesimo soggetto giuridico.

Con tale pronuncia, il Tribunale amministrativo precisava ulteriormente che non sono, di contro, “ammissibili passaggi dal magazzino della farmacia a quello di grossisti (a prescindere dalla titolarità degli stessi) a titolo di compravendita o comunque oneroso, tenuto conto che, a diversamente opinare, si perderebbe definitivamente ogni ragione di distinzione tra gli stessi concetti e le correlative funzioni che delineano la differente fisionomia descritta dalla legge, rispettivamente delle farmacie e dei depositi di distribuzione dei farmaci”.

 

Consiglio di Stato del 21/09/2018 n.5486

Il Consiglio di Stato, nel confermare la recente sentenza emessa dal TAR Lombardia, di senso contrario rispetto alle sopra citate pronunce del TAR Lazio, ha ritenuto di aderire all’impostazione ministeriale del 2015, sottolineando la necessità e l’opportunità di adottare il c.d. principio della non commistione della vendita all’ingrosso e della vendita al dettaglio.

In particolare, il Consiglio di Stato, richiamando il principio secondo cui:

  • i codici differenti per lo svolgimento delle diverse attività di vendita al dettaglio e di vendita all’ingrosso sono preordinati al fine di assicurare la tracciabilità dei farmaci;

ha ritenuto che:

  • l’impossibilità di creare un flusso (di merci e di dati) tra il codice Farmacia/Dettagliante e il codice Farmacia/Grossista è idonea a garantire un corretto afflusso di dati presso la banca dati della tracciabilità del farmaco;

e che, proprio:

  • grazie al mantenimento di tale sistema non possono essere sottratti, alla distribuzione e alla vendita per il territorio nazionale, i medicinali per i quali sono stati adottati specifici provvedimenti al fine di prevenire o limitare stati di carenza o indisponibilità, anche temporanee, sul mercato o in assenza di valide alternative terapeutiche.

Sebbene tale impostazione mi paia più incentrata a risolvere (forse impropriamente) il diverso fenomeno dell’importazione parallela di specialità medicinali contingentate, che a regolare la (diversa) materia delle modalità operative della c.d. Farmacia/Grossista, per autorevolezza dell’estensore, deve essere oggetto di attento rispetto da parte della Farmacia: proseguire nella movimentazione interna delle merci – da prodotti acquistati con codice Farmacia/Dettagliante a prodotti posti in vendita con codice Farmacia/Grossista – espone la Farmacia a pesanti sanzioni, che è opportuno evitare.

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