Con la sentenza del 19 dicembre 2019, C-465/18, la Sezione IV della Corte di Giustizia UE ha dichiarato l’incompatibilità del diritto incondizionato di prelazione all’acquisto delle farmacie comunali previsto dall’art. 12, comma 2, della Legge n. 362/1991 con il principio di libertà di stabilimento garantito dall’art. 49 TFUE. Avv. Sergio Viale – Dott. Andrea Ruggeri.
- La questione rimessa alla Corte di Giustizia UE.
Con la pronuncia in rassegna, la Corte di Giustizia UE si è espressa in accoglimento di una questione pregiudiziale sollevata dal Consiglio di Stato.
Sinteticamente, la controversia che ha dato adito al quesito dei Giudici di Palazzo Spada concerneva una procedura di gara indetta da un Comune della Brianza per la vendita di una Farmacia comunale.
Il bando della procedura di gara in questione prevedeva che, in applicazione dell’art. 12 della L. n. 362/1991, il trasferimento della titolarità della farmacia all’aggiudicatario provvisorio sarebbe stato subordinato al mancato esercizio del diritto di prelazione da parte dell’Ente comunale di gestione delle farmacie e dei Farmacisti da esso impiegati a tempo indeterminato, in possesso dei requisiti di legge.
L’aggiudicazione provvisoria è stata pronunciata in favore dei partecipanti che avevano presentato l’offerta più vantaggiosa; tuttavia, all’esito della gara, un Dipendente dell’Ente comunale di gestione, che non aveva partecipato alla gara, ha esercitato il diritto di prelazione previsto dal bando ed ha ottenuto l’aggiudicazione della farmacia.
Ritenendo che tale aggiudicazione si ponesse in contrasto con i principi euro-unitari di non discriminazione e libera concorrenza, gli aggiudicatari provvisori hanno proposto ricorso innanzi al T.A.R. per la Lombardia il quale, con sentenza del 25 maggio 2016, n. 1048, ha respinto le censure da questi formulate dichiarandole prive di fondamento.
Avverso la pronuncia del Giudice Amministrativo lombardo è stato proposto appello al Consiglio di Stato, il quale, con ordinanza 4 luglio 2018 n. 4102, ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di Giustizia UE la seguente questione pregiudiziale:
“Se i principi di libertà di stabilimento, di non discriminazione, di parità di trattamento, di tutela della concorrenza e di libera circolazione dei lavoratori, di cui agli articoli 45, da 49 a 56, e 106 TFUE, nonché gli articoli 15 e 16 della [Carta] ed il canone di proporzionalità e ragionevolezza in essi racchiuso, ostano ad una normativa nazionale, quale quella di cui all’articolo 12, comma 2, della legge n. 362/1991 che, in caso di trasferimento della titolarità della farmacia comunale, assegna il diritto di prelazione ai dipendenti della farmacia medesima”.
- Il contesto normativo e giurisprudenziale.
Preliminarmente all’esame della pronuncia della Corte pare opportuno ricostruire lo stato dell’arte della normativa e della giurisprudenza in materia di conferimento e titolarità di farmacie.
In primis, occorre tenere presente che l’art. 9 della L. 2 aprile 1968, n. 475 – norme concernenti il servizio farmaceutico, prevede che “la titolarità delle farmacie che si rendono vacanti e di quelle di nuova istituzione a seguito della revisione della pianta organica può essere assunta per metà dal comune”.
Ai sensi del successivo art. 12 della L. n. 475/1968, il trasferimento della farmacia è consentito una volta trascorsi tre anni dalla conseguita titolarità; tale trasferimento può aver luogo esclusivamente “a favore di farmacista che abbia conseguito la titolarità o che sia risultato idoneo in un precedente concorso”.
Per quanto concerne i concorsi, la disciplina di riferimento è in gran parte dettata dalla L. 8 novembre 1991, n. 362 [rubricata “Norme di riordino del settore farmaceutico”], il cui art. 4 (rubricato “Procedure concorsuali”) dispone che: “1. Il conferimento delle sedi farmaceutiche vacanti o di nuova istituzione che risultino disponibili per l’esercizio da parte di privati ha luogo mediante concorso provinciale per titoli ed esami bandito entro il mese di marzo di ogni anno dispari dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano. 2. Sono ammessi al concorso di cui al comma 1 i cittadini di uno Stato membro della Comunità economica europea maggiori di età, in possesso dei diritti civili e politici e iscritti all’albo professionale dei farmacisti, che non abbiano compiuto i sessanta anni di età alla data di scadenza del termine di presentazione delle domande”.
In altri termini, fatto salvo il caso di assunzione della titolarità della farmacia (rectius: della metà della farmacia) da parte del Comune, la regola generale prevista dall’ordinamento per il conferimento delle farmacie vacanti o di nuova istituzione è l’esperimento di una procedura concorsuale (cfr. Corte Cost., sentenza 12/10/2012, n. 231).
Tale valorizzazione dell’obbligo concorsuale, oltre a costituire diretta applicazione del principio di libertà di iniziativa economica tutelato dall’art. 41 Cost., si pone in continuità con un processo di regolamentazione – iniziato con la Direttiva 36/2005/CE – volto ad estendere anche al settore dei servizi farmaceutici l’applicazione dei principi comunitari di libera concorrenza e non discriminazione, espressione del più generale principio di libertà di stabilimento previsto dall’art. 49 TFUE.
Orbene, in siffatto quadro normativo e giurisprudenziale trova difficile collocazione la previsione dell’art. 12, comma 2, della L. n. 362/1991, oggetto della sentenza in rassegna, secondo cui: “In caso di trasferimento della titolarità della farmacia comunale, i dipendenti hanno diritto di prelazione e ad essi si applicano le norme dell’articolo 7”.
Trattasi di una norma che contiene una deroga di non poco conto alla regola generale del concorso, prevedendo un diritto di prelazione incondizionato in favore dei dipendenti della farmacia, giustificato dalla ratio di garantire la continuità del rapporto di lavoro dei farmacisti dipendenti e di valorizzare l’esperienza di gestione maturata da questi ultimi.
Ebbene, in un contesto normativo – nazionale e soprattutto comunitario – in cui, come detto, la regola del concorso è elevata a principio fondamentale, il Consiglio di Stato ha messo in dubbio la legittimità di una previsione che sacrifica tale principio sull’altare della continuità nel rapporto di lavoro, ed ha pertanto ritenuto di sottoporre il problema all’attenzione della Corte di Giustizia UE.
III. La decisione della Corte di Giustizia UE.
Investita della questione di compatibilità dell’art. 12 c. 2 L. 362/1991 con la normativa euro-unitaria, la Corte ha innanzitutto chiarito che “l’acquisto di una farmacia, nella misura in cui consente l’esercizio di un’attività economica mediante una stabile organizzazione per un periodo di tempo indeterminato, rientra nell’ambito di applicazione art. 49 TFUE”.
La Corte ha quindi circoscritto l’ambito della verifica ad essa demandata entro i confini del principio di libertà di stabilimento, escludendo che nel caso di specie potessero trovare applicazione l’art. 45 TFUE (libera circolazione dei lavoratori), l’art. 56 TFUE (libera circolazione di servizi) o l’art. 106 TFUE (imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale o aventi carattere di monopolio fiscale).
Alla luce di tale inquadramento sistematico, la questione pregiudiziale sollevata dal Consiglio di Stato è stata riformulata dal Giudice comunitario in questi termini: “il giudice del rinvio chiede in sostanza se l’art. 49 TFUE debba essere inteso nel senso che esso osta ad una misura nazionale che concede un diritto di prelazione incondizionato in favore dei farmacisti dipendenti di una farmacia comunale in caso di cessione di quest’ultima mediante gara”.
Nel dare risposta affermativa a tale quesito, la Corte di Lussemburgo ha motivato la propria valutazione sulla base seguente iter argomentativo.
In primo luogo, la Corte ha valutato se il diritto di prelazione di cui all’art. 12 comma 2, L. n. 362/1991 costituisca una restrizione alla libertà di stabilimento, dovendosi ricomprendere nel concetto di “restrizione” ogni misura idonea ad ostacolare o scoraggiare l’esercizio di tale libertà da parte dei cittadini dell’Unione.
Ebbene, sotto tale profilo valutativo, il Giudice comunitario non ha mostrato dubbi di sorta: “tenuto conto dell’investimento in termini di tempo e di denaro richiesto dalla partecipazione a una procedura di gara, il diritto di prelazione concesso ai farmacisti dipendenti di una farmacia comunale in caso di cessione di quest’ultima è idoneo a dissuadere i farmacisti provenienti da altri Stati membri dal partecipare a tale procedura”.
Ciò vale – secondo la Corte – a maggior ragione, nei casi in cui il farmacista dipendente della farmacia comunale il quale non abbia nemmeno partecipato alla procedura di gara “può esercitare il suo diritto di prelazione allineandosi all’offerta economicamente più vantaggiosa e, in tal modo, ottenere la cessione di tale farmacia”.
Secondo la Corte, quindi, non v’è dubbio che la previsione di cui al richiamato art. 12 comma 2 costituisca, anche solo potenzialmente, una restrizione alla libertà di stabilimento garantita dall’art. 49 TFUE.
Accertata la portata “restrittiva” della norma nazionale rispetto al principio comunitario, l’esame della Corte si è spostato sulla più complessa verifica circa la sussistenza di motivi imperativi di interesse generale tali da giustificare una simile restrizione della libertà di stabilimento.
In via preliminare, la Corte ha riconosciuto che l’obiettivo cui tende l’istituto della prelazione è quello di assicurare una migliore gestione del servizio farmaceutico, da un lato garantendo la continuità del rapporto di lavoro dei farmacisti dipendenti, dall’altro valorizzando l’esperienza di gestione da questi ultimi maturata.
Ebbene, secondo il Giudice comunitario, un simile obiettivo, nella misura in cui si ricollega a quello di tutela della salute (garantito tanto dall’art. 32 Cost., quanto dall’art. 52, paragrafo 1 TFUE), ben potrebbe giustificare una restrizione alla libertà di stabilimento.
Tuttavia, ad avviso della Corte, l’esame sulla sussistenza di motivi imperativi di pubblico interesse non può prescindere da una duplice valutazione: invero, accertata la legittimità dell’obiettivo perseguito, è necessario altresì verificare se lo strumento previsto dall’art. 12 comma 2 L. n. 362/1991 sia idoneo a realizzare tale obiettivo e, in ogni caso, se non vi siano misure alternative che consentano di realizzare l’obiettivo in questione in modo altrettanto efficace attraverso una minore compressione della libertà garantita dall’art. 49 TFUE.
Sul primo punto la Corte ha innanzitutto chiarito che la perseguita “continuità del rapporto di lavoro”, già garantita dall’applicazione dell’art. 2112 Cod. Civ. (che ha trasposto la direttiva 2001/23), “non può essere considerata idonea a garantire l’obiettivo di tutela della salute”.
Non solo: secondo i Giudici di Lussemburgo anche la ratio di “valorizzazione dell’esperienza professionale maturata al fine di assicurare una migliore gestione del servizio farmaceutico” non può essere considerata idonea a garantire tale obiettivo.
Invero, “il diritto di prelazione incondizionato concesso ai dipendenti di una farmacia comunale in caso di cessione di quest’ultima mediante gara istituisce una presunzione assoluta secondo cui detti dipendenti sono i soggetti maggiormente in grado di gestire, nella qualità di proprietari, la suddetta farmacia. Un simile diritto di prelazione non si basa su alcuna valutazione concreta dell’esperienza effettivamente maturata, della qualità del servizio prestato o delle funzioni effettivamente svolte all’interno della farmacia comunale”.
Del resto, in un sistema normativo – come quello italiano – in cui la professione di farmacista è una professione regolamentata e in cui il trasferimento della farmacia può aver luogo solo in favore di un farmacista iscritto all’albo professionale, che abbia già conseguito l’idoneità alla titolarità di una farmacia o che abbia almeno due anni di pratica, vi sono già condizioni che offrono una certa garanzia sulla competenza professionale dei potenziali acquirenti di una farmacia comunale.
Ad avviso dei Giudici, un simile obiettivo di valorizzazione dell’esperienza professionale “può essere raggiunto mediante misure meno restrittive, come l’attribuzione di punteggi premiali, nell’ambito di una procedura di gara, in favore dei partecipanti che apportino la prova di un’esperienza nella gestione della farmacia”.
Alla luce delle suddette considerazioni, la Corte ha pertanto affermato che “il diritto di prelazione incondizionato concesso ai farmacisti dipendenti di una farmacia comunale in caso di cessione di quest’ultima mediante gara, nella misura in cui è diretto ad assicurare una migliore gestione del servizio farmaceutico – supponendo che effettivamente persegua un obiettivo concernente la tutela della salute – non è idoneo a garantire la realizzazione di tale obiettivo e, in ogni caso, va oltre quanto necessario al raggiungimento dello stesso”.
Per questi motivi, la Corte di Giustizia UE (Quarta Sezione) ha quindi conclusivamente statuito che “L’articolo 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che osta ad una misura nazionale che concede un diritto di prelazione incondizionato in favore dei farmacisti dipendenti di una farmacia comunale in caso di cessione di quest’ultima mediante gara”.