Avv. Marco Ottino – Avv. Stefano Simonetta – CONSULENZA IN CAMPO NUTRIZIONISTICO DEL FARMACISTA: LIMITI E REGOLE.
Il Farmacista, per caratteristica intrinseca della sua professione, può svolgere attività di consulenza e consiglio, intesa come “diffusione di informazioni e consigli sui medicinali in quanto tali, compreso il loro uso corretto”[1] .
Tale attività si estrinseca nell’acquisizione di dati e fattori utili alla valutazione del cliente/paziente tutte le volte che riceve da esso una specifica richiesta di consulenza, fino alla possibilità di proporre consigli su farmaci SOP, OTC, medicinali omeopatici, farmaci fitoterapici, integratori alimentari, alimenti o abbinamenti tra essi, oppure di inviare il cliente/paziente presso il medico, qualora sia ravvisabile la necessità di un farmaco con obbligo di prescrizione o di una terapia che non sia di sua competenza.
Con più specifico riferimento al campo nutrizionistico, è pacificamente riconosciuta la possibilità per il Farmacista di fornire consulenza anche in tale ambito, ricompreso nella sopra citata competenza di tale figura professionale di “diffusione di informazioni e consigli” tanto sui medicinali, quanto, a maggior ragione, nei “settori della nutraceutica, dei prodotti destinati ad una alimentazione particolare e degli integratori, nonché della fitoterapia, ovvero ancora del benessere e dei corretti stili di vita”[2].
Assai più dibattuta è invece la possibilità o meno per il Farmacista di prescrivere ed elaborare diete (o schemi alimentari) personalizzati.
Il quadro di incertezza – tutt’oggi perdurante – deriva dall’assenza nel nostro ordinamento di una norma esplicita che riconduca l’attività di elaborazione di diete tra le competenze riservate ad una professione in particolare.
Partendo da tale presupposto, si assume per certo che siano abilitati all’elaborazione di diete:
- il medico, in quanto attività rientrante nelle più generali funzioni di tale professione;
- il biologo, in quanto soggetto abilitato alla valutazione dei fabbisogni nutritivi ed energetici dell’uomo, degli animali e delle piante;
- il dietista, abilitato ex lege ad elaborare diete seppur su prescrizione medica.
Quanto alla figura del Farmacista esperto in nutrizione, invece, si riscontrano posizioni divergenti, in particolare tra la FOFI e la AFEN (Associazione Farmacisti Esperti in Nutrizione).
Da un lato, nel lontano 2008, la FOFI si è espressa in senso contrario, affermando che il farmacista “può fornire consulenza nel campo nutrizionistico in modo particolare per ciò che concerne la diffusione di informazioni e consigli nel settore dei medicinali, ma non è abilitato alla prescrizione e all’elaborazioni di diete”.
D’altro canto, la AFEN si colloca su posizioni possibiliste, sfruttando il vuoto normativo a vantaggio della categoria e ritenendo che il farmacista-nutrizionista – in analogia con la figura del medico – non necessiti di un particolare articolo di legge che lo abiliti alla prescrizione di diete, poiché tale prerogativa rientra tra le competenze della sua professione, come mera declinazione dell’attività di valutazione dei fabbisogni nutrizionali, energetici e terapeutici del cliente/paziente.
La AFEN stessa, tuttavia, pur sostenendo fermamente la posizione espressa, riconosce la necessità di un intervento normativo che attribuisca con certezza al farmacista-nutrizionista la possibilità di elaborare programmi nutrizionali personalizzati.
Ad ulteriore complicazione, si segnala una recente pronuncia della Suprema Corte di Cassazione, che con la sentenza n. 20281 del 28.04.2017, VI Sezione Penale, ha affermato che “[…] L’individuazione dei bisogni alimentari dell’uomo attraversi schemi fissati per il singolo con rigide previsioni e prescrizioni, se non è esclusiva del medico biologo, può competere in via concorrente ad altre categorie professionali per le quali è comunque prescritta l’acquisizione di una specifica abilitazione, quali medici, farmacisti, dietisti […]”.
Il principio enunciato nella sentenza è senza dubbio rilevante e fornisce una chiara ed univoca conferma della posizione assunta dalla AFEN; pur tuttavia tale precedente rimane non vincolante rispetto ad altri eventuali casi analoghi, ove, in assenza di un elemento normativo univoco, l’esito potrebbe essere differente.
Laddove il Farmacista ritenga imprescindibile intraprendere ugualmente tale percorso, potrebbe essere esposto ad azioni di contrasto, anche aventi natura penale, da parte delle Autorità di controllo, magari a tale scopo sollecitate dai professionisti espressamente abilitati (o dalle loro associazioni di categoria). In tal caso, vi sarebbe la possibilità di addurre validi argomenti difensivi, che potrebbero portare con buona probabilità (ma non con certezza) a un risultato assolutorio.
Elemento imprescindibile, in ogni caso, per raggiungere tale risultato è che l’attività sia espressamente qualificata come “consulenza in campo nutrizionistico con elaborazione di schemi alimentari personalizzati”, e non come “visita in campo nutrizionistico con prescrizione di una dieta”, in modo da evitare l’utilizzo di termini tipici e qualificanti dell’attività medica che potrebbero dare adito a fraintendimenti.
[1] Questa la definizione contenuta nel D.Lgs. 206/2007 all’art. 51, lett. g), che recepisce la direttiva comunitaria 2005/36/CE.
[2] V. art. 15, Commentario al Codice Deontologico del Farmacista elaborato dalla FOFI.