Avv. Giuliana D’Antonio – Avv. Stefano Simonetta
TEST RAPIDI AUTO-DIAGNOSTICI. QUALI VANTAGGI E QUALI RISCHI.
Alcune notizie di recente diffusione hanno confermato l’imminente immissione in commercio di alcuni test rapidi per l’auto-diagnosi del Coronavirus.
I produttori di questi kit antigenici “fai da-te” dichiarano livelli di sensibilità e specificità rientranti nei parametri di legge, nonché l’avvenuta valutazione da parte di un Organismo Notificato della banca dati NANDO UE (1). In piena conformità alla normativa CE, tali dispositivi saranno pertanto acquistabili da chiunque, non solo in farmacie e parafarmacie, ma altresì in negozi non specializzati come supermercati e bar.
Questa novità impone alcune considerazioni in merito alle prospettive e ai possibili impatti nell’attuale contesto di lotta alla pandemia.
Preliminarmente, appare utile precisare che per “test auto-diagnostico” si intende qualsiasi dispositivo destinato dal fabbricante per essere usato a domicilio da utenti profani, ovverosia persone non esperte di test diagnostici.
Secondo le indicazioni dell’Istituto Superiore di Sanità (Rapporto ISS COVID-19 n. 28/2020), nelle istruzioni per l’uso e nell’etichettatura devono essere presenti indicazioni chiare, precise e comprensibili (coerentemente con il livello di conoscenza dell’utente profano) in merito (i) a chi può utilizzare il test (intended user), (ii) alle modalità di esecuzione del test e (iii) all’interpretazione del risultato.
I test rapidi auto-diagnostici in esame rientrano nella più ampia categoria dei Dispositivi Medico-Diagnostici in vitro (IVD), il cui uso e commercializzazione sono attualmente regolamentati dalla Direttiva 98/79/CE, recepita in Italia attraverso il D.Lgs. 332/2000. Tuttavia, le disposizioni della Direttiva sono più stringenti per i dispositivi auto-diagnostici, per la cui commercializzazione, oltre alla dichiarazione CE di conformità redatta dal fabbricante, è necessaria altresì la valutazione di un Organismo Notificato, per la verifica degli aspetti che riguardano la sua adattabilità ad utilizzatori non professionali (2).
Tornando al caso di specie, i nuovi test antigenici per l’auto-diagnosi del Coronavirus – come detto – vengono dichiarati conformi alla normativa CE, nonché già presenti nell’elenco dei dispositivi auto-diagnostici autorizzati aggiornato a cura del Ministero della Salute.
Ciò premesso, quali benefici e quali rischi potrebbe comportare la commercializzazione di massa di questa nuova generazione di test rapidi?
Un test di auto-diagnosi ad uso domestico risponde senza dubbio ad alcune lecite esigenze di maggiore tranquillità degli utenti profani, con vantaggi diretti e rapidi nella gestione di numerose situazioni quotidiane. La possibilità di eseguire un test “fai-da-te” non può che produrre un riflesso espansivo della libertà personale, fornendo altresì un contributo verso il contenimento di situazioni che potrebbero altrimenti degenerare in senso emergenziale.
I riflessi positivi a beneficio tanto del singolo, quanto dell’intera collettività sembrano tuttavia arrestarsi qui.
Le strategie di monitoraggio del fenomeno sino ad oggi definite, infatti, hanno richiesto l’impiego di strumenti di testing con caratteristiche tali da garantire effetti giuridici e sanitari ben determinati, al punto che appare difficile immaginare una compatibilità assoluta tra l’attuale quadro e l’introduzione di un test di auto-diagnosi con le caratteristiche sopra descritte.
Con più specifico riferimento all’efficacia dei test diagnostici, particolarmente decisiva è sempre stata la possibilità di tracciatura degli esiti, attività fondamentale per restituire una fotografia il più possibile puntuale e veritiera dell’andamento della pandemia sulle singole porzioni di territorio interessate.
A tale riguardo, lo stesso Ministero della Salute ha più volte ribadito l’importanza di tale passaggio, identificando un vero e proprio obbligo di tracciabilità di tutti i test antigenici rapidi con inserimento degli esiti nel sistema informativo regionale di riferimento.
Tale obbligo è stato di conseguenza recepito dalle Regioni che hanno definito i rispettivi programmi di screening, perfezionando le modalità di raccolta, analisi e trasmissione dei dati, al fine di estendere le proprie capacità di monitoraggio del fenomeno.
Appare pertanto evidente che la commercializzazione dei nuovi test rapidi auto-diagnostici incontra in primis un ostacolo di natura giuridica, poiché la caratteristica qualificante di questo test antigenico – ovverosia l’utilizzo prettamente domestico dello stesso – mal si concilia con l’obbligo di tracciatura dell’esito.
Sarà quindi necessario (e auspicabile) un intervento di risoluzione di questo contrasto formale che, in ogni caso, difficilmente riuscirà a mantenere salva l’attività di tracciatura in termini di obbligo, senza l’impiego di procedure gravose per il singolo utente utilizzatore del test, fortemente responsabilizzanti e di difficile realizzazione.
D’altra parte, è proprio la tracciabilità stessa dell’esito con la certificazione dei passaggi ad opera di un soggetto qualificato a garantire validità legale ed effetti giuridici concreti ai test diagnostici, al netto della conformità del dispositivo stesso alla normativa.
È in questi termini che l’attuale approccio delle strategie di testing genera il punto di incontro tra le esigenze dei singoli utenti e la più ampia e generale finalità di tutela della salute pubblica, poiché l’accessibilità a determinate situazioni subordinate ad un test con esito negativo richiede la certezza (formale) del risultato e la dimostrabilità (certificata) dello stesso, a beneficio, appunto, tanto del singolo, quanto dell’intera collettività.
Tuttavia, a prescindere dalle perplessità sulla dimostrabilità con valenza giuridica dei risultati restituiti da un test auto-diagnostico, o – quanto meno – sulle modalità di utilizzo di tali esiti nei contesti che richiedono una certezza documentale qualificata, il rischio che appare più concreto ed evidente è il riflesso sul piano prettamente sanitario.
In primo luogo, inevitabilmente, un test antigenico eseguito da un utente non esperto può determinare un esito incerto, con rischio di mancata attivazione delle procedure di isolamento di soggetti positivi al Coronavirus (a causa di “falsi negativi” o di scelta deliberata di non comunicare l’esito positivo).
In secondo luogo, il ricorso in massa a test rapidi auto-diagnostici, economici e accessibili, che – come detto – non prevedono la puntuale e formale tracciatura degli esiti, andrebbe ad alterare le attività di data analysis, rischiando di rendere di fatto vane le attuali strategie di screening e gli sforzi finora compiuti da istituzioni e collettività.
Il Consiglio di Stato si è recentemente espresso con l’ordinanza n. 1634/2021 affermando che “l’inevitabile incertezza che può derivare da un test anti-covid effettuato dallo stesso paziente unita alla formalizzazione del risultato determinato dal test può comportare gravi rischi per la salute e la sicurezza pubblica potendo indurre a “falsi negativi” e al mancato isolamento di soggetti affetti dal virus”.
Nel caso di specie, il Consiglio di Stato è intervenuto sulle modalità di esecuzione dei test antigenici rapidi in farmacia, pronunciandosi – seppur in sede cautelare – a favore della necessità che il test sia eseguito da personale abilitato (tra cui va ricompreso il farmacista) e non dal paziente stesso. Valutando questa specifica situazione – che presenta indubbie analogie con l’oggetto della presente trattazione – il massimo giudice della giustizia speciale amministrativa ha precisato, in particolare, che “il test da cui derivino effetti giuridici o sanitari di qualsiasi natura non può che essere effettuato direttamente da personale abilitato, nel quale – ad una prima delibazione consentita dalla sede cautelare e ritenuto prevalente l’interesse ad un più ampio screening anti-covid della popolazione – va ricompreso il farmacista”.
In conclusione, l’avvenuta valutazione di tale prodotto da parte di un Organismo Notificato della banca dati NANDO UE non lascia dubbi sulla conformità alla legislazione applicabile e sulla attuale commerciabilità in favore della collettività. Tuttavia, in attesa di poterne verificare l’impatto reale, permangono alcune perplessità su possibili effetti controproducenti, poiché i medesimi rischi individuati dal Consiglio di Stato appaiono evidenziabili con riguardo ai test rapidi auto-diagnostici.
(1) Il NANDO information system (“New Approach Notified and Designated Organizations”) è la banca dati UE che raccoglie tutti i dati relativi agli organismi europei notificati responsabili dello svolgimento delle procedure di valutazione di conformità.
(2) Segnatamente, il fabbricante potrà scegliere in alternativa anche procedure utilizzate per prodotti a più alto rischio, ovverosia Dichiarazione di conformità CE: Allegato III compreso il punto 6; Dichiarazione di conformità CE (sistema di garanzia di qualità totale): Allegato IV; Esame CE del tipo: Allegato V + Verifica CE: Allegato VI; Esame CE del tipo: Allegato V + Dichiarazione CE di conformità (garanzia qualità produzione): Allegato VII).