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Farmacia dei servizi e locali separati. Evoluzioni giurisprudenziali e nuovi contesti  – Avv. Marco Ottino – Avv. Stefano Simonetta – 

Uno dei temi che stanno riscuotendo maggior interesse nel settore farmaceutico è quello che dibatte sulla possibilità di autorizzare locali separati (e non obbligatoriamente contigui) rispetto a quelli della Farmacia, al fine di ivi dare attuazione in modo più strutturato alla tanto declamata “Farmacia dei Servizi”.

Ciò, soprattutto, nell’era in cui la Telemedicina assume un ruolo centrale nell’organizzazione del “nuovo” Servizio Sanitario (Nazionale e Regionale), che pone la Farmacia quale presidio territoriale capillare e al tempo stesso idoneo a ospitare servizi sanitari svolti da remoto.

Tale connubio, consentirà, se ben governato da tutti gli attori del processo, di far fronte a specifiche esigenze di tutela della salute della popolazione con il contenimento della spesa pubblica, superando barriere territoriali che, sino ad ora, hanno impedito alla medicina generale e (soprattutto) specialistica di trovare piena ed efficiente erogazione anche nei luoghi periferici.

Sulla capillarità della Farmacie, poco è da dire: trattasi di fatto storico, che non richiede commento alcuno.

L’idoneità della Farmacia a svolgere un ruolo essenziale nell’erogazione di nuovi servizi a valenza sociosanitaria è affermata, oltre che dalla Corte Costituzionale – che con la Sentenza 66/2017 ne sancisce l’importanza e l’esclusività (a discapito delle parafarmacie) – dalle stesse linee guida ministeriali che disciplinano i nuovi servizi di Telemedicina.

Come ben definito dalle Linee di indirizzo nazionali del 2014, per telemedicina si intende “una modalità di erogazione di servizi di assistenza sanitaria, tramite il ricorso a tecnologie innovative, in particolare alle Information and Communication Technologies (ICT), in situazioni in cui il professionista della salute e il paziente (o due professionisti) non si trovano nella stessa località. La Telemedicina comporta la trasmissione sicura di informazioni e dati di carattere medico nella forma di testi, suoni, immagini o altre forme necessarie per la prevenzione, la diagnosi, il trattamento e il successivo controllo dei pazienti.”

Nel medesimo documento, piuttosto corposo, la Farmacia e il Farmacista sono richiamati in più punti, dimostrando come il Ministero della Salute – avendo ben in mente l’evoluzione tecnologica raggiunta negli anni, nonché l’esigenza di delocalizzare le prestazioni sanitarie e di garantirle anche in luoghi più remoti a vantaggio della salute pubblica – individui la Farmacia stessa come uno dei luoghi di fruizione delle prestazioni in telemedicina.

Tale impostazione, peraltro, non viene meno (rectius viene espressamente confermata) anche dalla Conferenza Permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e di Bolzano, che in data 17/12/2020 ha approvato le “Indicazioni nazionali per l’erogazione di prestazioni in telemedicina”.

In tale documento (Pagina 13), descrivendo gli strumenti di supporto del paziente, si prevede espressamente che: “Laddove il paziente fosse in difficoltà a reperire presso il proprio domicilio gli strumenti informatici per la Televisita, dovrà essere garantita la possibilità di accedere a strutture territoriali dell’ASL, ovvero verranno valutati opportuni accordi che permettano di usufruire in modo conveniente di postazioni dedicate messe a disposizione dal enti prossimi al domicilio dello stesso, Farmacie, studi medici dei MMG/PLS”.

Particolare attenzione verso tale nuovo sistema di intendere la Sanità si riscontra, peraltro, nello stesso PNRR, che stanzia ben 2,5 miliardi di Euro per la digitalizzazione e la delocalizzazione dei servizi sanitari, includendo tra tali investimenti anche la Farmacia.

Impostazione, questa, peraltro in linea con il corpus di misure emergenziali e interventi normativi di contrasto alla diffusione pandemica del virus Sars Cov-2, che ha visto la Farmacia assumere un ruolo centrale nelle attività di diagnosi e monitoraggio dei contagi e attuazione del piano Vaccinale. È fatto storico incontestabile che la Farmacia voluta dai “Protocolli Figliuolo” quale presidio essenziale a contrasto della pandemia – come tale autorizzata a eseguire tamponi e vaccini in locali separati – sia stata all’altezza del ruolo assegnatole, superando di gran lunga le aspettative e offrendo un contributo preziosissimo alla tutela della salute pubblica.

Non a caso, in sede di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 marzo 2022, n. 24, il legislatore ha ritenuto di formalizzare in legge tale impostazione, introducendo il seguente inciso: “All’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 3 ottobre 2009, n. 153, dopo la lettera e-ter) è inserita la seguente: “e-quater) la somministrazione, con oneri a carico degli assistiti, presso le farmacie, da parte di farmacisti opportunamente formati a seguito del superamento di specifico corso abilitante e di successivi aggiornamenti annuali, organizzati dall’Istituto superiore di sanità, di vaccini anti SARS-CoV-2 e di vaccini antinfluenzali nei confronti dei soggetti di età non inferiore a diciotto anni, previa presentazione di documentazione comprovante la pregressa somministrazione di analoga tipologia di vaccini, nonché l’effettuazione di test diagnostici che prevedono il prelevamento del campione biologico a livello nasale, salivare o orofaringeo, da effettuare in aree, locali o strutture, anche esterne, dotate di apprestamenti idonei sotto il profilo igienico-sanitario e atti a garantire la tutela della riservatezza. Le aree, i locali o le strutture esterne alla farmacia devono essere compresi nella circoscrizione farmaceutica prevista nella pianta organica di pertinenza della farmacia stessa”

In tale contesto storico e in assenza di una riorganizzazione della normativa di settore – che pare francamente troppo risalente sia per poter cogliere le attuali innovazioni tecnologiche, sia per essere coordinata con la loro disciplina – la giurisprudenza amministrativa sembra aver colto, ancora più celermente del legislatore, l’esigenza di consentire alle Farmacie di allestire spazi idonei (e ulteriori) destinati all’esecuzione dei “nuovi” ed ulteriori servizi che le vengono costantemente delegati.

Ne sono il segno due recentissime sentenze del Consiglio di Stato, che seppur originate da vicende assai diverse tra loro, contribuiscono entrambe alla progressiva riduzione di limiti fisici all’autorizzazione di locali separati rispetto a quelli della Farmacia, originariamente indicati quale locali destinati alla mera vendita di farmaco.

Con la recente sentenza n. 6745, pubblicata in data 8 ottobre 2021, il Consiglio di Stato è pronunciato affermativamente in merito alla legittimità della separazione fisica del laboratorio galenico dagli altri locali della Farmacia, a condizione che il laboratorio stesso non preveda accesso al pubblico.

Con ricorso al Tar per la Lombardia n.r.g. 2057/2019 – si legge nella sentenza – la farmacia odierna appellata impugnava la determina dirigenziale dell’8.7.2019 n. 618 che denegava la richiesta autorizzazione all’ampliamento dei locali, presso un diverso stabile, a 5 km di distanza dalla sede della farmacia, ove allocare l’ampliamento del laboratorio galenico, non accessibile al pubblico, ma connesso organicamente con la farmacia, unitamente agli atti presupposti. Il diniego era motivato sulla scorta del parere reso dal Ministero della salute il 30/05/2019, con riferimento all’art. 110 TULLSS e al quadro legislativo in materia farmaceutica, da cui si evincerebbe che la farmacia è un “unicum” anche dal punto di vista strutturale e logistico e i locali annessi vanno intesi come locali comunicanti con lo spazio di vendita, mentre la possibilità di locali distaccati sarebbe stata prevista con limiti precisi e sotto condizione”.

Il Supremo Consesso ha, invece, confermato la correttezza dell’assunto del TAR Lombardia, evidenziando l’assenza di una norma applicabile alla fattispecie contenente un espresso divieto a collocare il laboratorio adibito a preparazioni galeniche in area separata dal locale della farmacia adibito alla vendita al pubblico. La sentenza precisa, infatti, che “dalla disamina della normativa non emerge, secondo il primo giudice, una chiara incompatibilità in astratto della separazione fisica di una parte del laboratorio galenico con la restante parte della farmacia, né si ricava la necessità che per il corretto espletamento del servizio farmaceutico debba sussistere un collegamento fisico, oltre che funzionale, tra tutti i locali della farmacia, anche quelli non accessibili al pubblico (non idonei ad incidere sul contingentamento delle sedi farmaceutiche di cui all’art. 1 Legge 475/1968)”.

Il Consiglio di Stato esamina quindi il criterio dell’apertura al pubblico dei locali destinati all’assistenza farmaceutica, precisando che tale parametro “non sarebbe in alcun modo intaccato dalla predisposizione di locali annessi, destinati a laboratorio, non aperti al pubblicoin luogo fisicamente separato dai locali della farmacia destinati alla vendita al pubblico”.

Con questa sentenza, pare assumersi che la Farmacia sia legittimata a chiedere l’autorizzazione ad aprire locali separati (anche in deroga ai limiti di cui all’art. 1 Legge 475/1968) solo se non aperti al pubblico.

Ancora più estensiva sembra essere la più recente sentenza n. 2913 del 19/04/2022 del Consiglio di Stato – medesima Sezione – che, accogliendo la tesi del Tar Emilia Romagna (sentenza 486/2018), ha confermato la possibilità per la farmacia di essere autorizzata ad ampliare la propria attività in locali diversi da quelli dedicati alla dispensazione dei farmaci e da questi ultimi disgiunti (fisicamente separati), a condizione, tuttavia, che in tali locali abbiano luogo soltanto “la vendita di parafarmaci, le prenotazioni Cup ed eventuali futuri servizi nel rispetto della vigente normativa in materia di farmacia dei servizi”.

Con tale pronuncia, il supremo organo della giustizia amministrativa, ha colto l’ormai inderogabile esigenza del Servizio Sanitario di poter fruire di spazi idonei a garantire servizi sociosanitari di prossimità, consentendo alla Farmacia (quale luogo a ciò deputato) di ampliare i propri spazi a ciò dedicati. Per tale ragione, il Consiglio di Stato ha, probabilmente, scelto di ampliare il principio già affermato con la sentenza 6745 dell’8 ottobre 2021, sopra citata: nel primo caso, come visto, la possibilità di organizzare il laboratorio galenico in locali separati e solo funzionalmente collegati a quelli di dispensazione era vincolata alla circostanza che il locale non fosse accessibile al pubblico; nella vicenda oggetto della più recente Sentenza di aprile 2022, è invece lo stesso esercizio al pubblico a poter essere organizzato (e suddiviso) in due luoghi diversi (sebbene sempre nell’ambito della stessa sede territoriale e nel rispetto dei criteri di distanza previsti per legge, e fermo restando l’enunciato divieto di duplicazione dell’attività di vendita del farmaco).

Pur contenendo alcune incongruenze sul piano logico-argomentativo, il principio declamato dall’arresto del Consiglio di Stato è ben delineato, così come chiara sembra essere l’intenzione di porsi in contrasto con l’orientamento sino a poco tempo fa prevalente (e indiscusso), incardinato su caratteristiche diametralmente opposte.

Questi interventi giurisprudenziali – di indubbio interesse – sembrano pertanto cogliere appieno l’attuale evoluzione del concetto di farmacia quale unicum fisico, anticipando un auspicabile intervento di revisione normativa complessiva e organica.

Le pronunce segnalate costituiscono autorevoli quanto specifici precedenti, in quanto tali rilevanti e non trascurabili. Ciò significa che la possibilità di seguire il sentiero tracciato dai soggetti protagonisti delle vicende con esito favorevole è concreta, benché, in assenza di un assetto normativo ad oggi coerente, permane il rischio di dover affrontare lunghi e defatiganti contenziosi.

In conclusione, da un lato, l’erogazione razionale di servizi sanitari di nuova generazione, con particolare attenzione alle sfide e alle opportunità offerte dalla Telemedicina, sta generando urgenza di spazi, mezzi e strumenti adeguati e conformabili alle esigenze di rinnovazione del settore; ciò non di meno, tale riorganizzazione richiede un approccio ordinato e non sembra poter prescindere da un’opera di ridefinizione delle regole e dei percorsi autorizzativi che siano idonei a disciplinare gli scenari futuri, a tutela di tutti i soggetti coinvolti e ad assoluto beneficio della collettività.

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