Farmaci scaduti in farmacia: quando si configura un reato? L’evoluzione giurisprudenziale sull’art. 443 c.p.
Nel contesto della disciplina farmaceutica, la gestione dei farmaci scaduti rappresenta una tematica delicata, con implicazioni che spaziano dalla responsabilità penale del farmacista alle sanzioni amministrative, fino alla tutela della salute pubblica.
La normativa di riferimento e la sua interpretazione giurisprudenziale hanno subito una significativa evoluzione, passando da un approccio di presunzione quasi assoluta di colpevolezza a un recentissimo orientamento più garantista che richiede una verifica concreta della condizione del farmaco.
Vediamo quali sono oggi i riferimenti normativi e gli interventi giurisprudenziali più rilevanti.
L’art. 443 c.p.: il reato di commercio di medicinali guasti o imperfetti
L’art. 443 del Codice Penale punisce chiunque detenga per il commercio, ponga in commercio o somministri medicinali “guasti” o “imperfetti”.
Si tratta di un reato di pericolo presunto, volto a tutelare in via anticipata il bene giuridico della salute pubblica. La norma non richiede che dalla condotta derivi un danno effettivo, ma sanziona la mera creazione di una situazione potenzialmente pericolosa.
🔹 Medicinale guasto: alterato per cause naturali (es. deperimento o cattiva conservazione).
🔹 Medicinale imperfetto: difettoso, inefficace o con dosaggio errato, anche se non pericoloso.
Il rigore della giurisprudenza tradizionale: presunzione automatica di pericolosità
Per lungo tempo, anche la mera scadenza del farmaco era ritenuta sufficiente per integrare il reato, senza che fosse necessario dimostrarne l’effettiva alterazione.
La Corte di Cassazione sosteneva infatti una presunzione assoluta di pericolosità dei medicinali scaduti, equiparati a medicinali guasti o imperfetti.
Un esempio di tale orientamento si ritrova nella sentenza della Cassazione n. 30271 del 2020, ove si legge che la sola data di scadenza superata costituisce indice sufficiente della “imperfezione” del medicinale, facendo scattare la responsabilità penale a carico del farmacista, salvo prova contraria sull’assenza di destinazione commerciale.
La svolta del 2025: necessario l’accertamento tecnico concreto
La recente sentenza della Cassazione n. 22658 del 3 giugno 2025 ha rivoluzionato l’approccio, affermando che la scadenza del farmaco non implica automaticamente la sua imperfezione.
Secondo la Corte, occorre:
- Verificare in concreto se il farmaco sia effettivamente alterato o divenuto pericoloso.
- Tenere conto del fatto che un medicinale può mantenere efficacia terapeutica anche dopo la scadenza.
L’impatto di questo principio è dirompente, poiché sposta la questione dal piano della presunzione a quello della tipicità del fatto.
Se un accertamento tecnico (o altre prove, anche di tipo statistico) dimostra che il farmaco, sebbene scaduto, conserva ancora la sua efficacia terapeutica e non è divenuto pericoloso, viene a mancare l’oggetto materiale del reato. In altre parole, un farmaco scaduto ma efficace non è “guasto o imperfetto” e, pertanto, la condotta non è penalmente rilevante.
👉 Conclusione: Se non vi è prova dell’effettiva perdita di efficacia o pericolosità del medicinale, il reato ex art. 443 c.p. non è configurabile.
Implicazioni sulla colpa e sul dolo (art. 452 c.p.)
L’evoluzione giurisprudenziale descritta ha effetti anche sulla fattispecie colposa, prevista ai sensi dell’art. 452 c.p. (che può consistere in negligenza, imprudenza o imperizia nella gestione delle scorte).
Se, infatti, un farmaco scaduto non è oggettivamente “guasto o imperfetto”, non può esistere né il delitto doloso né quello colposo, venendo meno il presupposto oggettivo della condotta.
Anche per quanto riguarda il delitto in forma dolosa, la nuova interpretazione rende comunque più difficile per l’accusa dimostrare la responsabilità del farmacista, soprattutto in casi in cui la scadenza sia recente e il prodotto ancora efficace.
La depenalizzazione per fattispecie di lieve entità: la sanzione amministrativa
Le considerazioni sin qui svolte sono in ogni caso valevoli per le sole circostanze in cui la condotta posta in essere ha rilievo penale.
Come noto, infatti, la Legge Lorenzin (L. 3/2018) ha introdotto una sanzione amministrativa (art. 123 T.U.L.S.) in caso di detenzione di farmaci scaduti non destinati al commercio, purché:
- in modesta quantità,
- separati dal resto delle scorte (es. contenitore etichettato “scaduti”),
- e valutati come non pericolosi.
💡 In questi casi, si applica una sanzione pecuniaria da 1.500 a 3.000 euro, in luogo di quella penale.
Questa norma ha pertanto depenalizzato le condotte di minore gravità, con la precisazione che gli elementi sopra elencati devono essere valutati nel loro insieme per consentire di escludere concretamente l’intento commerciale .
Quali responsabilità restano in capo al farmacista?
Nonostante l’orientamento più garantista, il farmacista resta responsabile della scrupolosa gestione delle scorte e dell’adozione di procedure idonee a prevenire la commercializzazione accidentale di medicinali scaduti.
La separazione fisica, l’etichettatura e la registrazione dei farmaci scaduti costituiscono elementi fondamentali per dimostrare l’assenza di volontà di commercializzazione e per evitare responsabilità, anche amministrative.
Conclusioni
La disciplina attuale in tema di farmaci scaduti in farmacia si fonda su tre livelli:
- Reato penale → Solo se vi è prova dell’effettivo guasto o imperfezione.
- Illecito amministrativo → In caso di quantità modeste e corretta conservazione.
- Nessun illecito → Se il farmaco è ancora efficace e ben conservato.
Si tratta di un importante sviluppo in ottica di tutela del principio di legalità, che però non esonera il farmacista dall’obbligo di diligenza professionale nella gestione quotidiana del magazzino e nelle attività di dispensazione di farmaci.
